Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
— 209 — |
«O allora, qual riparo vi possono fare la Curia, la polizia, il generale di Ceva...? E Giuliano, un giovane che manco si vede sulla terra, che cosa può aggiungere alla grande bufera? Non gli faranno nulla... vedrà...
«No... nulla! — saltò su a dire la signora Maddalena, pigliando dalla sicurtà di don Marco, un subito ardimento: — non gli faranno nulla, perchè noi scriveremo, andremo, mi presenterò al Re!
«Il Re è stanco di perdonare — disse il pievano — e Dio non può più vedere la religione calpestata, i suoi ministri oltraggiati! Io ho qui la lettera; farò il debito mio, da cristiano e da pastore; ella scriva, mandi, vada, faccia quel che pare! l’ho avvisata!»
Ciò detto diè di volta, infilò l’uscio e scomparve, stizzito di non avere potuto sfogarsi, per quell’importuno don Marco. Il quale, rattenendo la signora, che voleva correr dietro al pievano per supplicarlo:
«Stia, — diceva: — e non si sgomenti...! E la marchesa di G..., non farà nulla per Giuliano? non l’avrà tenuto d’occhio?»
A questo ricordo, la signora Maddalena si fece in faccia, come sarebbe a dire un fiore, su cui discenda un raggio di sole dopo un ribocco di pioggia. E da quel nome pigliando lena, si mise col prete a pensar modo di chiedere alla gentildonna, che aiutasse Giuliano a scampare dai pericoli ignoti, de’ quali il pievano era venuto a parlare.
Ora la marchesa di G..., cui don Marco aveva raccomandato Giuliano, sin dal primo anno della sua andata a Torino; era di quei tempi, dama d’altissimo conto, in corte ai reali di Sardegna. Nelle due valli della Bormida, la si stimava onnipotente: e perchè vi veniva ogni anno a villeggiare, ora in quello ora in questo de’ suoi molti poderi, conosceva per quei borghi i primi casati. Rimase nelle Langhe memoria di lei onoratissima: e si parla tuttavia di giovani, scampati per opera sua, nei due o tre giudizii di quegli anni, in cui per tutto si vedevano