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scuotendosi, Giuliano s’accorse d’essere lontano dai luoghi, dov’era rimasto col pensiero e col cuore. La notte era fatta, il suo borgo nativo gli stava dinanzi, si discernevano le finestre illuminate fiocamente da dentro le case; e scoprendo le proprie, egli pensò che sua madre era là in pena ad aspettarlo. Si ricompose in sella, affrettò colle calcagna la giumenta, e sebbene agli altri suoi pensieri s’aggiungesse che gli pareva d’essere un cattivo figliuolo; pure provò un po’ di quel senso, che a sera rallegra soavemente il ritorno.

Era appunto in quella che la signora Maddalena, stanca d’aspettare, stava per dire a Marta, che Giuliano fosse o non fosse per aversene a male, voleva andargli incontro essa stessa; quando le pedate della bestia si fecero udire sul ciottolato del vicolo per cui si veniva nel piazzale.

«È qui!» sclamò essa, togliendosi dalla finestra tutta mutata nel viso e sorridendo; e lesta lesta attraversò la sala seguita dalla fantesca, che la raggiunse nell’atrio recando la lucerna.

Il giovane arrivò di trotto, e smontando a piè dei gradini dell’atrio disse alla signora: «non mi sgridi..... mi perdoni.... a un’altra volta tornerò più presto.....

«Ah.... te ne avvedi anche tu? Il perdono è un bel chiederlo.... ma a quest’altra volta.... vedremo....»

Giuliano non le lasciò finire l’amorevole rimprovero, ma guardandola umilmente negli occhi, le si avvicinò come per soggiungere qualcosa. Poi non trovando la parola, tenne dietro a Rocco, il quale avendolo udito arrivare, era corso mezzo brillo a pigliare la giumenta, e l’andava a riporre.

A quel fare insolito sbigottì la signora; e già chiedeva che ne pensasse a Marta, la quale s’ingegnava di riverberare colla palma i raggi della lucerna dietro Giuliano, sicchè essa rimaneva colla faccia e colla persona nell’ombra. Ma a stornarla dalla sua domanda, s’udirono alcuni tocchi lenti e lamentosi della campana di castello,