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quasi sfumata nella sua memoria; forse anco qualche affetto rimasto in sul nascere, scuoteva nel suo cuore gli avanzi di qualche fibra; e così tra il pensiero della soldatesca imperiale antica e nuova, e quello di Giuliano che non arrivando affliggeva sua madre, la mente le ondeggiava come la fiamma della lucerna, la quale scossa lievemente dal venticello della finestra, spandeva per la sala una luce tremula e fioca, che s’addiceva in mesta maniera a quel raccoglimento ed a quel silenzio.

Fuori suonava un’allegrezza di canti, ed empievano l’aria le grida sin troppo festose delle brigate, che tornavano dalla merenda, menzionata da Marta nel parlare di Rocco. Il quale era un colono che conduceva il podere intorno alla casa della padrona; e appunto riveniva anch’egli da quella baldoria, che i popoli di quei monti escono a fare in campagna l’indomani di Pasqua. Festeggiano la primavera sui prati e nei vigneti; bevono del migliore e mangiano i resti del giorno innanzi, portati nei tovaglioli messi in bucato la settimana santa; dopo il pasto gli uomini continuano a bere, le donne a chiacchierare, i fanciulli si rincorrono, ruzzano, giuocano; e le zitelle tornano finalmente a danzare coi loro dami, dopo aver camminato ad occhi bassi tutta la quaresima, senza poter parlare con essi neppur sul sagrato.

Quei canti suonavano dunque da tutte le parti, ma la signora Maddalena, assorta come era in Giuliano, non vi badava. Questi intanto veniva o piuttosto si lasciava portare dalla sua giumenta; pensoso, raccolto, tanto che neanch’egli udiva quel chiasso festereccio; nè vedeva la via, nè forse la testa della sua cavalcatura, tra le cui orecchie pareva guardasse con occhi intenti. Parlava tra sè di quando in quando, a mezza voce; e allora la povera bestia incalzava un tratto, quasi per vedere se quelle parole toccassero alla sua andatura: poi si rimetteva tranquilla a quella che aveva mosso partendo da C. Giunta così a un certo segno, squassò forte il capo, nitrì fiutando l’aria della mangiatoia vicina; e allora soltanto