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un prunaio, galoppò, galoppò, galoppò senza dar tregua alla giumenta meschina; tanto era il battisoffio e l’agonia di giungere al suo presbiterio. Traversò i villaggi della vallata, non badando a che si parasse innanzi; e le selci delle vie gettavano faville al suo passaggio, le donne imprecazioni per i bimbi che rischiavano d’andare schiacciati. Imprecazioni, inconscie d’essere scagliate a tant’uomo; perchè tale era la foga di lui, tali gli strappi de’ suoi panni; tanto aveva arruffata la testa per essergli caduto (e non se n’era accorto) il cappello, che niuno poteva discernere s’ei fosse un prete.

Non s’aspettava di rivederlo così sciamannato donna Placidia, alla quale i quattro o cinque giorni passati dalla partenza di lui, s’erano fatti anni, sebbene a vederla paresse tranquilla. E della sua solitudine, s’avevano preso pensiero la meglio parte delle donne del borgo, e la signora Maddalena anch’essa, afflitta come era di suo, aveva deciso quel giorno d’andarla a trovare. Dopo il desinare, non pensando manco per ombra al ritorno del pievano, messasi in capo la cuffia, e indosso una guarnacca cenerognola, s’era avviata passo passo, con molta contentezza di Marta, seccata d’udirsi chiedere da tutti, se la padrona, non uscendo quasi più di casa, fosse ammalata.

«Gesù — diceva tra sè la signora, soffermandosi per l’erta del castello, ogni tantino, a ricogliere il fiato, — Gesù come mi batte il cuore, e come gli occhi mi si fanno torbidi!»

Quetato l’affanno, ripigliava la via. E così stentando giunta in castello, s’accostò per riposare al muricciolo, che coronava la volta del colle e guardò l’orizzonte.

La vista dell’alpi le parve bella come non l’aveva vista mai. Oh! quel Monviso, che sembra il faro del Piemonte, e pare sempre vicinissimo da qualunque parte lo si scopra; quel Monviso come torreggiava sublime nella luce del sole, che andava sotto! Come appariva più cupo il solco, che ha nel fianco, e da lungi somiglia a una crepa,