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tratto al compagno, e con voce commossa, gli disse: «animo, animo! che tutto questo è nulla!» Poi lo prese per un braccio, lo fece girare tre volte sopra sè stesso, e colla mano tesa gli segnò intorno l’infinito tenebroso, soggiungendo cupo:
«Siamo in mezzo a tre vescovadi: Mondovì.... Albenga... e Savona.»
Sagrestano da più che quarant’anni e seppellitore di morti, Mattia sapeva, occorrendogli, pigliare un’aria mistica o paurosa. Aveva udito cento volte, alla spiegazione del Vangelo, come un giorno il diavolo, condotto Gesù sulla cima d’un monte, gli avesse mostrati i regni della terra; ed egli vecchio profanatore di tombe ed altari, prese l’atteggiamento di Satana, quale se l’era sempre immaginato. L’amico, che aveva lasciato cadere il badile, lo guardava senza muovere costa; e sentiva farsi alla fronte e giù per la schiena un senso, come stesse per pigliargli male. Mattia cavato di sotto i panni il breviario, che nell’oscurità pareva un mattone, glielo pose aperto tra le mani tremanti, e cominciò un brontolio di salmi, che guai a lui se l’avesse udito don Apollinare, tanto era scellerata la sconciatura delle parole latine. Il villano, credendo che Mattia leggesse davvero nel libro che ei gli teneva aperto dinanzi a mala pena; non osò neanco chiedergli come potesse vedere in quel buio: la sua fantasia s’accese via più; le orecchie gli fischiarono quasi ci avesse dentro due serpi; a tratti avrebbe giurato di vedere bagliori grandi, e di udire qualcosa che s’appressasse: e tremava a verga a verga.
Mattia s’avvide come il tapino stesse per isvenire; e levato in alto l’aspersorio, per dargli il tuffo, segnava a destra ed a manca croci e crocioni, mormorando certe parole da incantesimi; quando un grido come d’uomo irato, gli ruppe l’atto e la voce. Quel grido, un rumore d’armi e di passi frettolosi, gli parvero la cosa più terribile che avesse intesa in sua vita; e di subito, pensando d’essere cascato in mano ai Francesi, si buttò