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occhiaie, sembra contemplare il golfo di Genova che gli stà dinanzi. Nell’ora in cui Mattia e il suo compagno camminavano; essendo la notte senza luna, non appariva altrimenti che una mole oscura, la quale a chi avesse voluto salire in cima riusciva difficile e faticosa.

Cominciarono a inerpicarsi per un sentiero ronchioso, angusto, a ogni tratto ingombro di rovi; e si valevano quasi ad un modo dei piedi e delle mani. Mattia raccomandava all’amico di star zitto e di tenere il fiato: il poveraccio, quanto al parlare aveva tutt’altra voglia e obbediva; ma quanto al fiato gli si veniva facendo sì grosso, che più non sarebbe stato se avesse patito d’asma.

Erano più che a mezza costa, quando udirono uno scoccar d’ore dall’orologio della parrocchia di B...., piccolo villaggio che siede sul fianco delle montagne dalla parte di mezzogiorno. Quel suono improvviso fece dare un gran giro al sangue del contadino; il quale osò chiedere a Mattia, da qual campanile venisse.

«Da B.... — rispose questi — Come vi sentite? Riposiamo un tantino, date qua le monete, e non abbiate paura....»

Il villano porse il borsellino, senza dire parola, poi ripresero a salire: ed egli non udiva altro che la pedata di Mattia; il gran battere del proprio cuore; e dietro, in lontananza, il grido misurato e lamentoso delle sentinelle paesane, che gli tornava dolce come di voci amiche. Mattia, tenendo in pugno il gruzzolo, coll’unghia del pollice contava le monete.

Alfine toccarono la vetta del monte; dove bisognando risolvere in qualche maniera l’impresa, il sagrestano si fermò, e guardò l’amico per capire di che animo stesse.

«Eccoci sul posto! — bisbigliò — ancora pochi passi e saremo sopra il tesoro: ma vogliono essere fatti in punta di piedi..., animo, non abbiate paura, venite....»

Fatti que’ pochi passi ch’ei volle, con gran rispetto come camminasse su l’ossa dei morti; si volse a un