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mortale, ma alle volte Dio si compiace in noi, e parla colle nostre labbra.
«Ebbene, — cominciò Bianca, mostrando di volersi rimettere in lui: — vidi soventi frati forastieri venire quassù; se da qualcuno di questi, si potesse sapere dove sia il monastero più vicino a noi; ma un monastero che vi si entri per non uscirne più, nè vivi nè morti.... e se mi ottenesse da mio padre la grazia di farmi monaca in quello: io pregherei per la sua salute tutto il resto della mia vita, e mi ricorderei di lei, padre, come del mio più grande benefattore....»
Il frate aveva sorriso alla semplicità di Bianca, la quale pensava che oltre la cerchia di quelle montagne, il mondo fosse anche per lui ignoto. Ed essa, dicendo, aveva a poco a poco osato alzare gli occhi negli occhi di lui; e lo sguardo le si era fatto così eloquente, che egli vi lesse dentro tutto l’animo della donzella, decisa a quel passo di cui parlava. Stimò buona cosa venir col discorso a seconda di quei desideri mesti e profondi; e dopo un tantino di silenzio, disse:
«E sta bene! Fanciulla che si manifesta inclinata a diventare sposa di Cristo, bisogna aiutarla, e t’aiuterò. Appena di là di questi monti, che abbiamo in faccia, nell’altra Bormida, in un luogo che più ameno non potrebbe essere, v’ha un monastero dove tu saresti sempre la benvenuta... Ma..., poni mente a quel che ti dico: quella che tu vagheggi è una vita dura..., una vita di penitenze in cui si spegne la giovinezza; anzi si cerca di struggerla, come un incenso che si brucia per mandarne il profumo al cielo...»
Bianca provava una voluttà amara a udire di quel martirio; e il frate continuava:
«Tu, lo veggo, gioisci a queste notizie, o anima eletta! Ma..., quando avrai fatto il gran passo, oltre quella soglia da cui non si esce mai più; se tu venissi a sapere che tuo padre ne sarà rimasto accorato da morirne; se la tua Margherita, e la tua povera zia, che ti tenne