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zioni. Il tramestio fu grande, e la notte egli potè vedere dall’alto del castello, correre i lumi in ogni parte della campagna. Gli parve d’avere sulle braccia un mondo, e fatto venire a sè il sagrestano gli disse:

«Mattia, domattina si va.... Un’ora prima dell’alba darete dentro a suonar a stormo.... O perchè ciondolate....? che avete paura?

«Paura io, che ho fatto tremare mezze le Langhe?...» rispose Mattia trascinando le parole.

«Dunque siete briaco?

«Oh, signor pievano — rimbeccò Mattia mostrandosi quasi offeso: e spingendo innanzi un piede, si provò a reggersi ritto sull’altro; ma vacillò, vacillò sicchè per poco non andò a cascargli addosso.

«Schifoso! — urlò il pievano levandosi in piedi; — briaco la vigilia d’un giorno in cui potremmo morire! Levatevi di qui..., e se domani non sarete a segno, mal per voi!»

Mattia partì; e camminando tastoni per l’andito, passò dinanzi all’uscio della cucina. Placidia che stava là dentro, sospirando l’ora di poter andare a letto, e dicendo il rosario colla coroncina tra le mani sotto il grembiale; indovinò che Mattia era in disgrazia, e gli disse dolcemente: «Tiratevi dietro la porta.» Egli obbedì, e tirata l’imposta dell’uscio da via, misurò contro quella i pugni chiusi, esclamando: «Non dà un Cristo a baciare in tutto l’anno; e se si beve, pare che si beva del suo! Sta pure, che se andiamo alla guerra ti farò vedere il diavolo nell’ampolla!»

Entrato nella sua catapecchia destò la moglie, e le comandò (comandava anch’egli a qualcuno), tenesse l’orecchio all’ore, e un tratto prima dell’alba lo destasse. Poi si coricò vestito sul giaciglio, e colle tempia martellate dal vino, cominciò a russare.

Don Apollinare messosi a giacere per riposare quelle poche ore, le passò fantasticando; e stava per addormentarsi, quando squillarono i tocchi della campana