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date, tirò il catorcio, mise la stanga, non istette a rispondere alle figlie, venute a lui piene di terrore: ma per un andito scuro si cacciò in cantina, si buttò carponi; e squarciandosi i vestiti, e insozzandosi le mani e il viso, spingi, ponza, e rispingi, potè rannicchiarsi sotto un tino, donde mandò fuori rangoloso queste parole, alle figlie:
«Se non mi volete morto, andate via di qua...! Via...!»
Subito un gran rumore di colpi, menati contro la porta, fece ammutolire le poverette che lo pregavano a uscir di là sotto, e più terribili dei colpi s’udirono queste grida furiose:
«Fuori il signor Fedele! Aprite! Vogliamo lui! Siamo della valle! Veniamo a pigliarlo per capitano! Vogliamo che ci meni ad ammazzar tutti i Francesi! daremo loro come ai cani arrabbiati.... al lupo.... al diavolo in carne!»
Le voci diverse suonavano d’ogni parte intorno alla palazzina, nè valeva il cascinaio a far che quei bifolchi smettessero dal gridare selvaggio. Chè anzi alle due fanciulle da dentro, pareva girassero cercando modo di salire sulle finestre, E stavano strette l’una all’altra, aspettandosi ad ogni istante di vederli irrompere; quando cessò il vociare, e porgendo orecchio udirono la parola soave della zia Maria, che si volgeva alla fiera brigata da una finestra del primo piano. Costoro vedendo quel viso di donna cieca, dipinto di sicurtà, d’innocenza e quasi di fanciullezza; stavano a bocca aperta ascoltando: tornati in quel rispetto che avevano sempre avuto per la famiglia del signor Fedele, e già vergognavano d’aver osato tanto. E la cieca diceva:
«Buona gente, abbiate compassione delle mie nipoti e di me; già mi pare alle voci di conoscervi tutti. State quieti, voi cercate di mio cognato, ed egli non è qui...
«Come? Non l’abbiamo visto coi nostri occhi? — diceva uno della brigata, quasi consigliandosi coi compagni. E un altro:
«Ehm! pareva anche a me che avessimo preso abba-