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remo per C.... v’è il signor Francesco, il signor Crispino il conte, don Luca, verranno con noi, anzi li troveremo belli e pronti....

«E chi ricusa, a morte!»

In quella il signor Fedele, voglioso di sapere e fidandosi troppo, giungeva ad una svolta della via, vicino di là a un trar di pietra. Udire quelle grida, ed arrestarsi come avesse dato del petto in una rupe, fu tutt’una cosa: porse orecchio un tantino, e: «come? — disse tra sè — i signori v’hanno a condurre alla battaglia? Acchiappami se puoi, chè io vengo.» E pensando di non essere stato veduto, diè di volta correndo verso la palazzina; badando a dar nei fossati, curvo e spedito a menar le gambe che meglio non avrebbe potuto fare uno scolaretto, colto a scioperarsi dal pedagogo. E si teneva certo del fatto suo; ma il guaio fu che qualcheduno, o donna, o uomo, l’aveva scoperto, e s’era messo a gridare:

«Si! sì! i signori, eccone laggiù uno dei signori....

«Il signor Fedele, l’avvocato! e’ fugge.... dàgli dàgli... lo vogliamo con noi!

«È vecchio! — diceva un frate.

«Ed io son giovane? — rimbeccava un contadino.

«Ed io son più vecchio di lui! — gridava un altro di quei furibondi — ho moglie e figli, e terre al sole per me il Signore non ce n’ha messe....»

In mezzo a questo vociare, una dozzina di villici, accesi in viso come al tempo delle svinature; si lanciarono alla volta della palazzina, agitando le falci, i forcoli, il diavolo che brandivano, e chiamando a nome il signor Fedele.

Questi toccata la soglia, s’era volto addietro alle grida; e al luccicare di quelle armi, credette di sentirsele cascare sul capo, entrare nelle reni fredde diaccie, si vide fatto in pezzi a dirittura, e peggio che nel sogno della notte innanzi.

«Son morto!» sclamò, e chiuso l’uscio a due man-