Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
nei nemici. Sarebbe stata una sventura, in quel buio, così malconci. Ma va, va, tira innanzi, non si udì più nulla, si cadeva, si tornava ritti, e nessuno si lagnava. Che cosa era stato quel colpo? Trovammo un cavallo disteso morto sul margine del sentiero, e si disse che era di Bixio: il quale irato, perchè coi nitriti poteva scoprirci al nemico, gli aveva scaricata nel cranio la sua pistola. Byron, sempre Byron! Lara l’avrebbe fatto anche lui.
Verso l’alba passammo vicino a quel disco di luce, che era la bocca di una fornace. Dinanzi a quella bocca, una figura alta e nera stava a guardarci. Forse era un inconscio attizzatore; ma mi piace di immaginarmi che fosse uno messo a posta, a tenerci viva quella fiamma, come la colonna di fuoco agli Ebrei del deserto.
Alla prima luce la pioggia cessò. E vedevamo Palermo lì innanzi, e Monreale appena lontano quanto è larga la Conca d’oro. Guardandoci tra noi avevamo facce di spettri: i panni laceri e fangosi: molti erano quasi a piedi nudi. Stanchi, sfiniti, se ci fosse capitata addosso una compagnia ci avrebbe disfatti.
Discendemmo a questo piccolo villaggio che si chiama Parco.
I Carabinieri genovesi instancabili, si sacrificano e vegliano fuori negli orti, perchè noi si riposi tranquilli. Per la piazza ampia, pare un