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nomi strani ponevano a me fanciullo uno sgomento indicibile in cuore. Vide i reggimenti italiani al servizio dell’Austria dare il colpo di grazia alla patria sua. Ma l’amore di quella generosa nazione per noi sopravvisse. Soltanto non sappiamo quanto la nostra guerra fortunata dell’anno scorso, le sia stata funesta. Essa ha qui due rappresentanti degni, Tuköry e Türr, oltre a due gregari; quel selvaggio che vidi a bordo e il sergente Goldberg della mia compagnia, soldato vecchio, taciturno, ombroso, ma cuore ardito e saldo. Lo vedemmo a Calatafimi!
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Ho saputo di Tuköry che fu aiutante del generale Bem, che è un vero ingegno militare e che ha menato vita d’esule a Costantinopoli, dal quarantanove in qua, onoranda come quella di tutti i nostri fuorusciti del ventuno, primavera sacra d’Italia.
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Tra poco saremo alla pioggia. «Fortunato chi potrà avere un cantuccio laggiù, nel Ministero della guerra!», disse Giusti, un astigiano sempre gaio d’umore, come gli corresse pel sangue il vino de’ suoi colli. Il Ministero della guerra poi, è una carrozza mezzo sconquassata, che ci viene dietro