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ignoranza delle cose d’Italia! Egli non ci tenne nascoste le sue figliuole, che ci guardavano ansiose e ci parlavano come a conoscenti antichi.

— Di dove siete? chiedeva il loro babbo a Delucchi.

— Genovese.

— E voi? volgendosi a Castellani.

— Da Milano.

— Ed io da Como, — rispondeva senza aspettare d’essere interrogato Rienti, che ha la testa come uno di quegli angeloni ricciuti e paffuti, che si veggono scolpiti, coll’ali aperte, ai corni degli altari.

— Che bei paesi devono essere i vostri! Ma perchè siete vestiti così da paesani? Via, dite la verità, siete soldati piemontesi. No? E allora come avete fatto a vincere tanti Napoletani? Passarono di qui che era una pietà a vederli. Non arriveranno a Palermo la metà.

Poi il discorso cadde sulla guerra dell’anno scorso. Quel signore pareva nato ieri. Credeva appena che Vittorio Emanuele fosse davvero al mondo. Intanto s’era bevuto, e qualcuno menzionò Ciullo d’Alcamo, e la dolce canzone, e si parlò, anche di Bari, di Puglia, e della sfida di Barletta. L’ospite trasecolava a sentirci parlare di tante cose: non ci voleva più lasciar uscire; e quando potemmo andarcene senza disgustarlo, le sue figliuole ci