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dato! E il Generale seduto a piè di un olivo, mangia anche lui pane e cacio, affettandone con un suo coltello, e discorrendo alla buona con quelli che ha intorno. Io lo guardo e ho il senso della grandezza antica.
Dal Feudo di Rampagallo. Sera.
Ripresa la via, dopo una buona ora di sosta, ci rimettemmo per l’immensa campagna. Non più vigneti ne olivi, ma di tratto in tratto ancora qualche campicello di fave, poi più nessuna coltura. Il sole ci pioveva addosso liquefatto, per la interminabile landa ondulata, dove l’erba nasce e muore come nei cimiteri, E mai una vena d’acqua, mai un rigagnolo, mai all’orizzonte un profilo di villaggio: «Ma che siamo nelle Pampas?» esclamava Pagani, il quale da giovane fu in America.
Quelle solitudini dove l’occhio non trovava confine, a larghe distanze, erano appena animate da qualche capanna di pastori, o da branchi di cavalli sciolti, nella loro selvaggia libertà. A vederci, galoppavano lontano, cacciati dallo spavento, e talvolta si arrestavano corvettando dall’allegrezza. Dopo mezzodì, sul margine del nostro sentiero, trovammo un vecchio pastore. Vestiva pelli di capra, e la sua testa, fiera e quasi da selvaggio, era coperta da un enorme berretto di lana. Teneva le mani appoggiate