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Si torna a navigare verso Sicilia.
A poppa, i Lombardi cantavano le canzoni dei loro laghi. Non sono meste come quelle dei miei monti, non rendono le pene delle generazioni nate a patire all’ombra dei castelli, che ora, rovine senza gloria, coronano i poggi sopra i villaggi delle mie vallate; ma qualcosa di patetico vi è anche in esse, e toccano il cuore profondamente.
Ho qui vicino un Ungherese, che veggo da ieri girare in mezzo a noi. Non sa dire una parola. Mi guarda con quei suoi occhi piccini, aggrottati, verdi. Ha i capelli a lucignoli sulla fronte stretta, e il naso da Unno. Cuoce meditabondo e cupo, sdraiato a questo sole; e forse sta pensando alla sua patria, mentre viene a morir per la mia.
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Gran bella veduta d’isolette! Sembrano emerse ora dal mare. C’è del verde di tutti i toni; c’è della roccia splendente, c’è un’aria azzurra che avvolge tutto; e le isole hanno una zona d’argento al piedi.
Sento che in quelle isole vi sono prigioni orribili. Il Re di Napoli vi tiene chiusi i prigionieri