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le guide dei mille | 261 |
plice capitano, e a guerra finita tornò da sua madre, come un fanciullo.
Egli e gli altri avevano in mezzo, come un babbo, il novarese Alessandro Fasola, coi suoi sessant’anni e la sua giovinezza, che pareva dovesse durare un secolo. Chi sa in Italia che quel vecchio, già carbonaro rivoluzionario nel 1821, soldato di Vittorio Emanuele primo, e poi soldato nel quarantotto, nel quarantanove, nel cinquantanove, credendo sempre ed entusiasta; chi sa che partì del sessanta coi Mille, in un momento di slancio da giovinetto fuggito di collegio? Passava il Nullo dalla stazione di Borgomanero: Fasola era là, in carrozza col suo fattore e lo vide. Balzò, corse a lui. «Dove vai?» «A Genova, perchè si parte per la Sicilia». «Aspettami». E Fasola andò a dire al fattore che avvisasse a casa, montò sul treno e parti. Doveva godere tutta la guerra di Sicilia, sentir quelle di poi sino al giorno che l’Italia entrò in Roma: morì di ottant’anni nel 1881, pieno di tutta la storia del nostro risorgimento, visto in azione.
Vecchio come lui, io glielo prego di cuore, campi Giuseppe Nuvolari di Roncoferrato nel mantovano! Del sessanta aveva quarant’anni, ma vive ancora laggiù nelle sue vaste possessioni, dove l’amicizia lo vede idealmente, tra i suoi coloni, come Faust nell’ultima sua e sola vera