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le guide dei mille 259


Nella sua bella giubba rossa ad alamari neri, portata del cinquantanove; col suo berretto da sottotenente, alla francese, del gusto d’allora; sul forte stallone preso a Marsala, il Missori cavalcava felice. Egli si sentiva nella vita vera: e che le dame milanesi, che non lo vedevano più nei loro salotti aristocratici, pensassero pure a lui! Ora la Sicilia era una dama che parlava al suo cuore cose più alte.

Se non vi fosse stato il Missori, e le altre ventidue Guide avessero dovuto gridar uno sulle loro sciabole, per farsene un Capo, quello sarebbe stato Francesco Nullo, che allora aveva trentaquattro anni, e il suo nome voleva dir tutta Bergamo. Pronto a morire in qualunque ora, destinato a sopravvivere all’eccidio d’Isernia, avvenuto verso la fine della guerra di quell’anno grande, non sapeva che il cinque maggio di tre anni di poi, anniversario dell’imbarco a Quarto, l’avrebbe ucciso una palla russa, a Olkusz in Polonia, e che il palmo di questa nostra Terra che avrebbe ripreso il suo corpo sarebbe stato in un angolo del cimitero di Miekow, dove il generale russo Szakovskoi lo doveva seppellire, con onori da generale suo pari.

Il Nullo era più bello del Missori, perchè più fiero d’aspetto. Nei poemi antichi egli sarebbe stato Niso o Cloridano; Napoleone ne avrebbe