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cavalleria trottando... Ah! quello che cavalcava alla testa non era il Re: era Lui col cappello ungherese, col mantello americano, e insieme a Lui tutte camicie rosse. Quel cappello calcato giù sulle sopracciglia segnava tempesta. Vennero, passarono, lasciando un grande sgomento, arrivarono in fondo al viale, diedero di volta, ripassarono come un turbine, sparirono. E poco appresso i battaglioni furono messi in colonna di plotoni.... pareva che si dovesse marciare a qualche sbaraglio, tutti si era pronti... Così si andò verso il Palazzo reale, a sfilare dinanzi al Dittatore piantato là sulla gran porta, come un monumento. E si sentiva che quella era l’ultima ora del suo comando. Veniva la voglia di andarsi a gettar a’ suoi piedi gridando: Generale, perchè non ci conducete tutti a morire? La via di Roma è là, seminatela delle nostre ossa! — Ma la guerra civile? Ma la Francia?... L’anno scorso fummo così amici con la Francia!

Il Generale, pallido come forse non fu visto mai, ci guardava. S’indovinava che il pianto gli si rivolgeva indietro e gli allagava il cuore. Non so neppur uno di quelli che stavano vicino a lui. Che cosa contavano in quel momento? Lui, lui solo: non vidi nulla. Ora odo dire che il Generale parte, che se ne va a Caprera, a vivere come in un altro pianeta; e mi par che cominci a tirar un vento di discordie tremende. Guardo gli amici.