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verso noi dicendo con la sua voce limpida ed alta: — Soldati della indipendenza italiana, Veterani benchè giovani dell’esercito liberatore, vi consegno le medaglie che il Municipio di Palermo, decretò per voi. Comincieremo dai morti, i nostri morti...
E allora un ufficiale cominciò a chiamare a nome i morti che rispondevano in noi, con l’improvviso ritorno della loro visione. Ma passato questo giorno non saranno ricordati solennemente mai più? Furono da cento nomi d’umili ignoti o d’illustri, e a ogni nome un fremito correva tutta la nostra fila. Meglio morti o vivi? Si diffondeva una malinconia cupa che pur pareva entusiasmo.
Quando toccò a noi, si andò chiamati ad uno ad uno dinanzi al seggio, dove una giovinetta, alzandosi sulla punta dei piedi, ci metteva la medaglia sul petto, e intanto guardava di sotto in su con due grandi occhi gioiosi. Chi fosse non so, nè chiesi di lei. Che giova il nome? Udii il Generale che volgendosi a una dama vicino a lui, diceva: — Vede? Quelle facce le conosco tutte, le vedrò finchè vivrò.
Intanto le bande suonavano, e quella dei Granatieri pareva dicesse: Basta, ora basta, andate!