Pagina:Abba - Da Quarto al Volturno.djvu/233

l’attacco che in quel momento faceva la grossa, serrata colonna borbonica del centro, ai Ponti della Valle, dov’era Bixio coi picciotti. Era una cosa da far tremare. Se rompono, dicevamo noi, se passano sul corpo di Bixio, quelli stasera entrano in Napoli, e ricomincia l’orgia del 1799. Li vedevamo a mezza falda tra il piano e i muriccioli a secco della via trasversale che si allinea con l’acquedotto; e dietro quei muriccioli rosseggiavano i nostri quatti quatti, senza far fuoco, incantati. Noi pativamo, fremevamo; udii sin bestemmiare: Cosa fanno? Ma quando i borbonici arrivarono quasi al ciglio di quei muriccioli, allora quelle camicie rosse scoppiarono, 49 e su quelle teste di colonna si rovesciò un torrente, un uragano... urla feroci, baionettate. Si gelava, si infuocava il sangue a vedere. — I borbonici non ebbero agio nè spazio di spiegarsi, e si volsero in fuga una sezione sull’altra, via, via, rovinando, e tutta la colonna scompigliata fuggiva alla meglio verso Valle.

«Di dove eravamo noi si dominava lo spettacolo, e si capiva che l’anima di tutta quella massa eroica di picciotti era l’anima di Bixio. Dunque Bixio e Taddei, eroi!

«La sera, ne contammo di morti! Ma le più gravi perdite le sofferse il mio battaglione. Morì Innocenzo Stella, colpito nella testa da una palla,