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«Allora il maggiore Boldrini volò a noi con due compagnie, e senz’altro dove vide spuntar le canne dei fucili, tra gli alberi fitti, là si slanciò, gridando: Alla baionetta, Viva l’Italia!
«Non aveva ancor detto che già una palla entrata nel petto gli usciva per la scapola destra. Cercai di sorreggerlo e di tirarlo via, giacchè il nemico irrompeva dal bosco e dovevamo ritirarci, ma egli non volle, mi respinse. — Lasciatemi, che ormai sono un uomo inutile! — Disse, cosi, e dove cadde rimase. Noi indietreggiammo sopraffatti, e poi tornammo rinforzati da una cinquantina di bersaglieri Menotti. Guardai; il povero maggior Boldrini non v’era più. Seppi poi che i Bavaresi lo avevano trascinato testa e piedi giù per i dirupi, sino a Valle, dove lo abbandonarono, e fu poi raccolto morente dai nostri, dopo la vittoria.
«Caddero in quel nostro ritorno molti dei nostri, morti e feriti, tra gli altri Evangelisti e Carbone, genovesi dei vostri di Marsala. Ma non era ancor nulla, eravamo appena al principio. Sai come il tempo vola. Continuavano gli assalti. Verso le undici, o poco dopo, ecco i Bavaresi sulla posizione di Menotti. Cominciavano ad avvolgere il poggio della Siepe, contrafforte di Monte Caro. Quivi li ricevevano a schioppettate e a baionettate, e li rintuzzavano le compagnie di Bedeschini