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4 ottobre.
Ieri Telesforo che vive divorando tutto con l’anima, forse perchè sente d’aver la morte dentro, venne da Santa Maria a trovarmi qui e mi disse: — Vieni? — Dove? — A veder cosa c’è in co del ponte presso a Benevento. — Andiamo pure.
Era quasi notte. Discesi da Monte Caro, passammo per quella bicocca di Valle, dieci casacce che parevano vecchie cenciose. Ma ieri l’altro, mentre i borbonici venivano alla battaglia, le donne di quelle case urlavano dalle finestre come Furie: Viva lo Re, e morte.... si sa, a noi. Dice che si udivano sin da mezzo il monte, e che le loro grida facevano più senso che l’avanzarsi dei battaglioni.
Via per la strada grande andammo, andammo, andammo. Ma insomma dov’è questo ponte? Sempre un po’ fanciulli, si crede che tutto sia lì a due passi; ma Benevento era molto lontano. Non incontrammo anima viva; solo a tratti, nei campi lungo la via, si vedevano dei morti, forse soldati feriti ieri l’altro, poi spirati tra via e gettati dai carri.
Il ponte non si trovava. — «Pure andando ancora, più qua, più là si dovrebbe udir l’acqua... Vorrei vederla passare, al lume delle stelle, sentir il ponte sotto i nostri piedi, lasciar cadere una pietra dalla spalletta di esso, e immaginarmi d’essere