Pagina:Abba - Da Quarto al Volturno.djvu/221

Non ho mai compreso il paese natio come in quel momento. Le nostre Bormide, il nostro Tanaro, le nostre belle montagne, quei borghi, quelle terricciole, dove c’è della gente così modesta, buona, contenta di poco, e semplice! Poi mi narrò come si trovasse là, così solo e maltrattato. Poche ore prima, in uno degli ultimi assalti, rimasto in mano dei Bavaresi, questi se lo trascinavano via caricandolo di oltraggi; ma gli era riuscito di liberarsi, e se ne tornava a quel modo per imbattersi in me suo paesano. Eppure forse non gli passò per la mente che io potrò dir le sue lodi, nelle nostre vallate.

Verso sera.

Si principia ad aver delle notizie, ma vaghe. Non si ode più il cannone. A Santa Maria, a Sant’Angelo, a San Leucio, su tutta la linea, vittoria, dopo dieci ore di battaglia. Qua, a sinistra, tra quelle gole di Castel Morrone, il maggior Bronzetti, con un mezzo battaglione, tenne la stretta contro i borbonici, sei volte più numerosi dei suoi. Morì, morirono, ma il nemico non potè passare. — Ora come si devono sentire uomini quelli che hanno fatto tanto, e si mettono a giacere per un po’ di riposo! Ma chi sa dove sono andate l’anime dei nostri morti? Come si farebbe a credere che