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che è una grossa terra di là dal Volturno. Dicono ancora che fu per conoscere una buona volta tutto il nemico, quanto n’è rimasto fedele al Re fuggitivo. Ma si sprecò del gran sangue! Troppo ardore negli ufficiali, troppo nei soldati.

Si cominciò dall’estrema sinistra, poi fu l’inferno su tutta la linea. Noi d’Eber, sulla via di Sant’Angelo, fummo i meno combattuti. Ma abbiamo ben visto cacciatori e fanteria e artiglieria volerci venir addosso, se una parte dei nostri, con due cannoni, non cominciava. Il loro fuoco fu così ben diretto e nutrito che quella colonna, non osando avanzarsi, ripiegò. Allora fu inseguita, e i cannoni furono tratti fino in faccia alla fortezza. Là, sfidando quaranta pezzi, fecero fuoco fin che vi fu un artigliere in piedi; poi come si vide che i cacciatori volevano venirseli a pigliare, corsero i bersaglieri della brigata Milano e li trasportarono in salvo.

Appunto in quel momento s’udì gridare dalla nostra destra: Egli è qui, egli viene, il Dittatore, il Generale! — E apparve dalla parte di Sant’Angelo Garibaldi bello e raggiante. Noi sotto i suoi occhi, fummo fatti piegar a sinistra, per rintuzzare un nuovo assalto di borbonici usciti freschi da Capua. Piombammo sul fianco di quella colonna, una cosa che mi parve un lampo, e quella sparì. Ma ne caddero dei nostri! Il capitano Marani di