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La nostra brigata era venuta qui per essere trasportata in Calabria se l’operazione di ieri notte riusciva. Occupiamo il greto d’un torrente, allo sbocco d’una vallicella allegra e ben coltivata. Nessuno ha mosso una pietra; non si vedono quei lavoretti che fanno i soldati per accomodarsi il campo dove sanno d’aver a stare: tutti si tengono come uccelli sul ramo pronti a volar via.
Fiumara della Guardia, 10 agosto.
Fra noi e i trecento nostri, il mare, le navi, e i borbonici dell’altra sponda!
Sono là in faccia, su quella costa di monte in quel verde pallido, sopra Villa San Giovanni, ma lontani, in alto. Vediamo del fumo che cresce, si allarga, si fa fitto; si sentono le schioppettate sorde. S’indovina col cuore che i nostri assaliti si difendono, superbi di combattere, trecento al cospetto di tutti i reggimenti accampati di qua, da Messina al Faro!
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Ebbi un lampo nell’anima. Il desiderio di questa Sicilia che mi tirava a sè da tanto tempo, empiendomi la fantasia di delizie e il core di pene misteriose;