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per colmare i fondi del mare tra le due terre. Qua e là quel verde è interrotto da villaggi biancheggianti; sulla spiaggia move gente; file di armati luccicano di continuo di su di giù per una strada che deve menare a Reggio. In mare, le navi della crociera, che guardano qua dove si lavora di zappa e di badile, a piantare certi cannoni! Riconobbi tra quei ferravecchi la colubrina che portammo da Orbetello. La civettona sta là in batteria, allunga il collo verde fuori della gabbionata, un bel dì farà la rota come una tacchina. Ha una storia essa! Ma se i cannonieri che le fanno la guardia e la lisciano, sapessero le eresie che ci ha fatto dire da Marsala a Piana de’ Greci, la butterebbero in mare.

Il Dittatore se ne sta chiuso in una cameruccia a tetto là nella Torre, e intorno a quella accampano i Carabinieri genovesi. Non sono più i quarantasette di Calatafimi, drappello insuperabile per coscienza, ardimenti, virtù militare. Ma quelli hanno formato il quadro d’un battaglione che a Milazzo corse il campo come un uragano, e lo tenne dovunque apparve. Nè sono tutti liguri. Le loro file si sono aperte a giovani d’ogni parte d’Italia; e quei cinque o sei sopravvissuti all’eccidio