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Mi abbattei nel signor Senatore, che mi conobbe giovinetto.
Egli mi ha detto che in Genova si è radunata una mano di faziosi, i quali oggi o domani vogliono partire, per andare a far guerra contro Sua Maestà il Re di Napoli. Non sa più in che mondo viva: e se il governo di qui non mette la mano sopra quegli sfaccendati perturbatori... Basta, spera ancora! Scaricava cosi la collera che gli bolliva; ma a un tratto si piantò, domandandomi se per avventura fossi anch’io della partita. Io non risposi. Allora certo d’aver colto nel segno, cominciò colle meraviglie, poi colle esortazioni. Come? Poteva essere che il mondo si fosse girato tanto, da trovarsi a simili fatti un giovane, uscito dal fondo d’una valle ignota, allevato da buoni frati, figlio di gente quieta, adorato dalla madre...? Poi passò alle minaccie. Avrebbe scritto, si sarebbe fatto aiutare da quanti del mio paese sono qui; mi avrebbe affrontato all’imbarco, per trattenermi... Ed io nulla. Ultima prova, quasi piangendo e colle mani giunte proruppe: Ma che cosa vi ha fatto il re di Napoli a voi, che non lo conoscete e andate a fargli guerra? Briganti!
Eppure un suo figlio verrà con noi.
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