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Catania, 15 luglio.

Credeva d’entrare in una città di Ciclopi, ma appena oltre la porta minacciosa per i massi di cui e formata, ecco la via lunga fino al mare, ampia, lavata, fresca come vi dovesse passare la processione del Corpus Domini. Eravamo un drappello che precedemmo la brigata e i primi fiori gli avemmo noi. In piazza dell’Elefante una sentinella chiamò la guardia, dieci o dodici giovinotti balzarono a schierarsi, presentarono l’armi facendo le faccie fiere. Sono gente del paese intorno, raccolta da Nicola Fabrizi.

Entrò la brigata. Eber cavalcava alla testa, le compagnie camminavano franche, con gli schioppi che uno non passava l’altro, con una cadenza di passo da vecchi soldati; davano piacere a vederle.

Staremo qua riposando alcuni giorni. I borbonici di Siracusa e d’Agosta non si sono mossi; ma bisognerà vegliare perchè siamo in mezzo ad essi e a quei di Messina.

17 luglio.

Ho bell’e visto; questi per noi sono gli ozi di Capua, Catania ha dei profumi che addormentano. Siede come Venere nella conchiglia, spossata dal