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dei nostri sbrancati e vaganti forse in cerca d’acqua. Li vedemmo correre su per un’erta, colla formidabile testa del furioso animale due passi dalle reni. Un d’essi potè arrampicarsi a un albero, l’altro tirava sempre a correre su d’una ripa dove il toro lo avrebbe arrivato. Senonchè un boaro, galoppando curvo che la sua testa era tutta nella criniera del cavallo, giunse coll’asta calata e vibrò nel fianco alla bestia come un lanciere. Il toro fuggì muggendo, lanciando zolle, flagellando l’aria colla coda rabbiosamente.

Io pensava che quando eravamo a Gibilrossa, ora un mese e mezzo, furori messi i partiti d’assaltare Palermo o di ritirarsi qui su quest’amba, per ordinarvi la rivoluzione, farsi forti e ripigliare la guerra. Quasi tutti i capitani propendevano per questo, ma Garibaldi no. Volle Palermo. Forse indovinava che ritirati quassù avremmo avuto tempo a languire un po’ ogni giorno, finchè la rivoluzione si sarebbe spenta, e noi con essa.

Mentre aspettavamo nella via, per menare le compagnie nei quartieri, le gelosie del monastero di faccia volavano all' aria rotte. Dalle inferriate le monacelle battevano le mani gridando : e il