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qualche altro scambiò con essi quei certi cenni, raggrinzamenti della fronte, d’una guancia, del mento, diavolerie, che a costoro bastano per un discorso.

— Chi sono quei sette? chiesi ad un signore.

— Patriotti, signorino, non avete visto? Hanno i tre colori.

Un altro lo guardò bieco: un lampo.

Intanto quei sette giunti in capo al borgo misero i cavalli a trotto serrato.

Ma dal quartiere del Generale uscì fuori un tenente spronando dietro di loro, e presto lo vedemmo tornare con quei sette disinvolti, beffardi, accigliati. Il tenente gli aveva presi colla pistola alle tempie del capoccia, pronto se non avessero obbedito...

Ci affollammo in quella casa dov’era già un gran brusio, e potemmo udire la voce del generale Türr corrucciato pronunciare il nome di Santo Mele.

— Santo Mele? dissi io, ma costui è quel birbante che avevamo prigioniero al Passo di Renna, e che gli riuscì a fuggire. Berrebbe il sangue, ladro, assassino!

A quest’antifona il signore che aveva detto bene di quei sette sparì senza neanche dirmi: Bacio la mano.

Udimmo bisbigliare: Consiglio di guerra subitaneo;