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era concluso per ventiquattr’ore, tanto che si potessero seppellire i morti. Era bell’e sottoscritto il foglio, quando capitò un prete, che mi parve quello venuto sin dal mattino del giorno 27 in piazza Bologni. Gridava al tradimento, annunziando che i Bavaresi entravano da Porta Termini. «Che Bavaresi?» gridavamo noi. «Quelli di Bosco, che tornano da Corleone!».
Ci rovesciammo a quella volta quanti eravamo là attorno, e arrivammo a Porta Termini che già i Bavaresi avevano oltrepassata una barricata. Si arrestarono vedendo un parlamentario avviarsi a loro; cessarono il fuoco; ma uno dei loro ultimi colpi sciagurati colse nel braccio sinistro, presso la spalla, il colonnello Carini. Egli cadde e fu trasportato al Palazzo Pretorio come in trionfo.
Laggiù, in fondo alla via, in mezzo a quelle facce torve di stranieri, si vedeva il colonnello Bosco aggirarsi furioso, come uno scorpione nel cerchio di fuoco. Oh s’egli avesse potuto giungere mezz’ora prima! Entrava difilato, e se ne veniva al Palazzo Pretorio quasi di sorpresa, con tutta quella gente, che aveva la rabbia in corpo della marcia a Corleone, fatta dietro le nostre ombre. Chi sa che fortuna sfuggiva di mano a questo Siciliano, giovane, ardito e ricco d’ingegno?
Nel tornare a Porta Montalto, passai con Erba dalla piazzetta della Nutrice, per vedere se vi fosse