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Donatello nel Pergamo su uno degli angoli della facciata del Duomo, volle glorificare la fanciullezza nella sua vita gioconda. I genietti alati danzano al suono dei cembali tenendosi per mano, i loro occhietti brillano di vivacità e le loro bocche sono sorridenti, le vesti ondeggiano lasciando nude le gambe e le braccia grassoccie. Le scene con quattro o cinque putti si seguono a semicerchio separate da doppi pilastri scanellati (V. frontispizio).

Donatello in questo capolavoro ha ottenuto la perfetta illusione del movimento, sempre occupandosi dell’insieme, poco curandosi del dettaglio che spariva per la distanza che separa il pergamo da chi lo contempla. Anche nella Cantoria dell’Opera del Duomo a Firenze seguirà la stessa idea raggiungendo lo scopo che si era prefisso, mentre al contrario Luca della Robbia si studia di ottenere la massima finezza nella esecuzione, nulla trascurando; e se il disegno è più castigato, non vi è quello slancio giovanile che Donatello ha impresso sugli agili danzatori.

Ma la scultura aveva bisogno del complemento architettonico che in una veste severa

    le forme un po’ tozze mi sembrano ben lontane da quella giocondità e snellezza giovanile che costituiva uno dei pregi maggiori delle sue opere, come si vede dai putti sulla tomba del Marzuppini nella chiesa di S. Croce a Firenze.