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un effetto stridente e stonati nella loro forte colorazione.
Il Baldanzi nella sua coscienziosa descrizione della cattedrale di Prato attribuisce la vasta vetrata al prete Lorenzo da Pelago fiorentino che l’avrebbe eseguita nel 1459.
Gimignano Inghirami, uno dei più dotti prelati nella curia romana, dal 1451 al 1460 sostenne la carica di proposto nella chiesa maggiore di Prato, chiamata allora Pieve.
Egli comprese l’ingegno di Fra Filippo così agile nelle forme e così fecondo nelle concezioni, ed alni si rivolse perchè dipingesse in una tavola la morte di S. Girolamo.
Qui il Lippi è riuscito veramente drammatico e commovente nella evocazione del dolore, dimostrando di avere studiata e capita l’intima struttura dell’affresco di Giotto nella cappella Bardi in S. Croce a Firenze.
Il dolore non è più calmo represso come per la morte di S. Stefano dipinta nel coro, ma è agitato da singhiozzi e da lamenti. I discepoli sentono che nella morte del maestro è distrutta una parte della loro vita, la forza e l’esempio morale della loro coscienza che vorrebbero risorta dalle membra irrigidite. Il corpo amato giace su un ricco drappo trapunto in oro, nella sua umile veste monacale, con le mani posate sul petto.