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La semplicità della facciata continua nell’interno dove due filari di grosse colonne di verde di prato metton capo al coro in cui Fra Filippo Lippi profuse a piene mani i tesori del suo ingegno. Secondo il Baldanzi1 egli eseguiva quelle sue mirabili pitture tra il 1456 e 1464 nell’epoca in cui un’altro grande artista, il Mantegna, dava all’arte il suo capolavoro nella cappella degli Eremitani a Padova.

Ma qui, pur troppo, dobbiamo assistere ad un’opera vandalica che mostra sempre più come nel clero d’oggi sia scomparso il culto per l’arte antica, a cui si preferiscono madonne, crocifissi e santi di cera o di gesso coloriti da qualche volgare mestierante.

Quanto fu diverso il clero di una volta che non solo considerava gli affreschi o le tavole della chiesa come sante reliquie e opere pregiate, ma ne favoriva anche lo sviluppo, ordinandole ai migliori artisti del tempo!

Una specie di goffo baldacchino di tela con carta impiastricciata sopra, è elevato durante i mesi d’inverno per circa tre metri d’altezza e assicurato ad assi di legno fermate

    questa mancanza suppliscono le nitide riproduzioni dovute tutte alla Casa Alinari di Firenze.

  1. Baldanzi Ferdinando, Della Chiesa Cattedrale di Prato. Descrizione corredata di notizie storiche e di documenti inediti in-8 con tavole. Prato, 1846.