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I Polacchi, Sire, hanno insegnato al mondo la potenza d’un popolo che combatte per l’esistenza politica e la libertà. Suscitate l’entusiasmo e anche i sudditi vostri diverranno Polacchi. Cacciate il guanto all’Austriaco, e il nome d’Italia nel campo: quel vecchio nome d’Italia farà prodigi. Fate un appello a quanto di generoso e di grande è nella contrada. Una gioventù ardente, animosa, sollecitata da due passioni onnipotenti, l’odio e la gloria, non vive da gran tempo che in un solo pensiero, non anela che il momento di tradurlo in azione: chiamatela all’armi. Ponete i cittadini a custodia delle città, delle campagne, delle vostre fortezze. Liberato in tal guisa l’esercito, dategli il moto. Riunite intorno a voi tutti coloro che il suffragio pubblico ha proclamati grandi d’intelletto, forti di coraggio; incontaminati d’avarizia e di basse ambizioni. Inspirate la confidenza nelle moltitudini, rimovendo ogni dubbiezza intorno alle vostre intenzioni, e invocando l’aiuto di tutti gli uomini liberi.

Gli uomini liberi, Sire, in Italia son molti; hanno pur potenza, confessatelo, di farvi tremare sul trono: hanno potenza di rovesciare tutti quei troni che non s’appoggiano sulle baionette straniere. Caddero, Sire, ma voi sapete il perchè: caddero traditi, venduti, perchè lottavano co’ governi, e combattevano coll’armi de’ generosi, e colla innocenza della virtù, mentre i governi pugnavano coll’oro, colle seduzioni, colla perfidia, coll’arti inique del delitto nascosto. Caddero perchè mancanti di capi che reggessero coll’influenza d’un nome l’impresa, e la facessero legittima agli occhi del volgo. Or che sarebbe quando tutti gli ostacoli si mostrassero calcolati ed aperti, quando essi non avessero a contrastar col potere, bensì a riunirsi con esso? Che sarebbe quando tutti vi si annodassero intorno, quando tutti usassero la loro influenza a pro vostro, quando tutti vi cacciassero a piedi le loro vite per pagarvi del beneficio d’aver creata un’idea sublime, d’aver somministrato all’universo un nuovo tipo di grandezza, la virtù sul trono? Sire! a quel patto noi ci annoderemo d’intorno a voi: noi vi proferiremo le nostre vite: noi condurremo sotto le vostre bandiere i piccoli stati d’Italia. Dipingeremo ai nostri fratelli i vantaggi che nascono dall’unione; provocheremo le sottoscrizioni nazionali, i doni patriottici: predicheremo la parola che crea gli eserciti, e disotterrate le ossa de’ padri scannati dallo straniero, condurremo le masse alla guerra contro i barbari, come a una santa crociata. Uniteci, Sire, e noi vinceremo, perocchè noi siam di quel popolo, che Bonaparte ricusava di unire, poichè lo temeva conquistatore di Francia e d’Europa.

Questo faremo; ma voi, Sire, non ci mancate all’impresa: nel saper scegliere il momento è riposta la somma delle cose; ed ora è il momento: ora che la Russia spossata da una lotta sanguinosa, travagliata negli eserciti dalle opinioni, e da’ morbi, screditata in faccia all’Europa, ha d’uopo rifarsi col riposo e riordinarsi. — Ora che la Prussia è agitata da terrori di sommosse all’interno, e costretta di serbar le sue forze per una guerra, che un colpo di fucile belgico può rompere da un momento all’altro. — Ora che l’Inghilterra è condannata all’inerzia, finchè non sia consumata la gran lite della potenza popolana, e della feudale aristocrazia. E la nazione francese è per voi. Or che temete? Il Tedesco? gridategli guerra: ardite guardar da vicino questo colosso, composto di parti eterogenee, minato in Gallizia, nella Ungheria, nella Boemia, nel Tirolo, nella Germania, e che