Vieni, Alessandro, e mirerai disciorsi
in lagrime di gioia i vivi fonti;
a le tue piante i lor marmorei dorsi
supporran volentier portici e ponti;
e i simolacri e le colline forsi
per adorarti piegheran le fronti:
certo, per pregio suo fia che s’inchine
la palma e ’l lauro a coronarti il crine.
Ma se a l’altro Alessandro intero un mondo
era spazio incapace, angolo breve,
il tuo valor, che non ha mèta o fondo,
termine angusto imprigionar non deve.
Sollo, gran prence, e pur non mi confondo,
ma d’adempir miei voti anco fia lieve,
ché ben che sia maggior de l’ampia terra,
pure in brieve epiciclo il Sol si serra. —
Accompagnò quest’ultime parole
con lieti applausi ogn’aura, ogni spelonca,
e dispiegar da le canore gole
i selvaggi cantor voce non tronca;
ogn’onda mormorò piú che non suole
armonïosa entro la propria conca,
ed agli organi diè, con modo ignoto,
a tempo il canto ed a misura il moto.
Fûr veduti a la fin da cento bocche
cento fiumi versar gonfi serpenti,
e con tal precipizio avvien che fiocche
il bel diluvio di que’ molli argenti,
che sembra udir da le superbe ròcche
il sonoro ulular de’ bronzi ardenti.
Ai lieti augúri, al plauso de le linfe
Eco rispose e risero le ninfe.
Pastor del Tronto a vagheggiar sedea
gli orti famosi, a cui null’altro agguaglia,
di cui forse men bello esser dovea
o ’l giardino di Pesto o di Tessaglia.