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84 | lirici marinisti |
Oh se di questa Pasitea giacente
diventar potess’io larva vagante,
oh come lieto a la sopita mente
discoprirmi potrei, fantasma amante!
Sonno, felice or te cui si consente
star catenato a que’ begli occhi avante;
non potea darti de le luci accorte
piú leggiadra prigione il cielo in sorte.
Mentre sí parlo, e non sapea levarmi
dal contemplar l’addormentato viso,
e d’immenso piacer sentia bearmi
in quel dolce periglio intento e fiso,
a caso leggo in mal vergati carmi
su la corteccia d’una pianta inciso:
«Se non fuggi, pastor, tu resti essangue;
giace quivi fra l’erbe ascoso un angue».
XI
LA FONTANA NEL GIARDINO DI TIVOLI
RAFFIGURANTE L’ANTICA ROMA
Al cardinale Alessandro d’Este
Colá dove con flebile singulto
il precipizio suo piange Aniene,
mentre con procelloso aspro tumulto
giú da’ monti latini a cader viene,
che poi, placido fatto, or muove occulto
fra cavi sassi e sotterranee vene,
or con la lingua tremola de l’onde
lambendo va le tiburtine sponde;
s’apre vago giardin, di cui natura,
di cui l’arte la palma aver presume,
che poi (sia loro o negligenza o cura)
di cangiar le vicende han per costume.