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82 lirici marinisti

     Omai cessino, Amore, i vanti tuoi,
non dir ch’al tuo poter nulla contrasti;
ch’in paragon del sonno, o nulla puoi
o rimangon delusi i tuoi gran fasti.
Per far ch’ella piegasse i desir suoi,
sai pur ch’ogni tua possa indarno oprasti.
Ecco: il sonno, maggior di tutti i numi,
la stende a terra e le imprigiona i lumi.
     Piú forza ha il figlio de l’oscura notte
di te, fanciul de la piú bella diva?
L’abitator de le cimerie grotte
supera un Dio, che da lo ciel deriva?
Sian le saette omai tarpate e rotte
e la faretra d’ogni gloria priva,
s’al tuo fuoco invisibile, immortale,
onda scarsa di Lete assai prevale.
     Ma come il cor d’amor piú forte acceso
sento, s’Amor, vinto dal sonno, or giace?
come breve riposo emmi conteso,
se chi guerra mi muove ha posa e pace?
scocca strali non visti arco non teso?
e vibra fiamme non vibrata face?
con quali armi innocenti ed omicide
giacendo vince, addormentata uccide?
     Certo ch’ella a nuove arti allor s’accinge,
quando al suo mal pietosa altri la spera;
non dorme no, ma di dormir s’infinge,
appiattata tra i fior, la scaltra arciera.
Sonnacchiosa in tal guisa anco si finge,
lá nei campi d’Ircania, empia pantera,
e con la pompa di sue spoglie ognora
suol le fère allettar, che poi divora.
     Ben si vedean per le beate sponde
arder vicine a lei quell’erbe e queste,
languir le piante, inaridir le fronde,
chinare i fiori l’odorate teste;