Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
50 | lirici marinisti |
VI
LA SPIRITATA
Lá nel mezzo del tempio, a l’improviso,
Lidia traluna gli occhi e tiengli immoti,
e mirano i miei lumi a lei devoti
fatto albergo di furie un sí bel viso.
Maledice ogni lume errante e fiso
e par che contra Dio la lingua arroti.
Che miracolo è questo, o sacerdoti,
che Lucifero torni in paradiso?
Forse costui, che non potea nel saggio
sovrastar, per superbia, al suo Fattore,
venne in costei per emolarne un raggio?
Torna confuso al tuo dovuto orrore,
torna al nodo fatal del tuo servaggio,
e sgombra questa stanza al dio d’amore!
VII
LO SCOPPIO DELLA MINA E IL BACIO
Entra per nera e sconosciuta bocca
e in sotto al muro ostil duce tiranno,
e con industre e vigilato affanno
v’aggiusta un muto foco e poi ne sbocca.
Ma non sí tosto una favilla tocca
l’incendïoso e prigioniero inganno,
che in un solo momento, eterno al danno,
crepa il suol, tuona il ciel, vola la ròcca.
Portai del cor nel piú secreto loco
semi di foco e ne cercai lo scampo
per non esser d’un cieco e scherzo e gioco.
La favilla d’un bacio accese il lampo
in su la mina e publicossi il foco;
ed ecco Amor trionfatore in campo.