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508 lirici marinisti

VI

IL GUARDINFANTE

     Che le donne talor che copia fêro
di se medesme al desiderio umano,
prendano in uso l’abito straniero,
che da le membra lor gira lontano,
     soffrir potrei; però che ’l sesso vano
dilata il manto al faretrato arciero,
per dar piú campo a quell’ardor profano,
che ristretto nel sen si fa piú fiero.
     Ma schietta donna e di consorzio priva,
che porti ’ntorno un padiglion rotante,
sembra ad onesto cor pompa lasciva.
     Come creder potrò che senz’amante,
come creder potrò che casta viva,
chi si dispone a custodir-l’-infante?

VII

LO SPADINO IN TESTA

     Lottò con Marte in singolar tenzone
la bella dea ch’al terzo cielo impera,
e del nume guerrier, fatta guerriera,
baldanzosa sostenne il paragone.
     Vinselo alfin nel dilettoso agone,
e per trofeo de la vittoria altera
tolto il brando di lui, presso a Citera
armonne il fianco al suo diletto Adone.
     Ma da quel dí ch’a trïonfar fu presta,
usò la dea de le leggiadre e belle
portar picciola spada ai crini intesta.
     Quindi fra noi l’antica usanza desta,
le seguaci di Venere ancor elle
d’indorato spadino arman la testa.