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VIII

IL GIOCATORE DI CORDA

     Lunghi voli, alti scherzi, erta salita
tu formando in un laccio al ciel disteso,
stupido lo stupor mira sospeso
quanto possa dell’uom la mente ardita.
     Non vanti piú la sua colomba Archita,
or che rapido il volo ha l’uomo appreso;
né sia Dedalo teco a gara acceso,
se volante senz’ali oggi t’addita.
     Giá de’ canapi tuoi gli occulti ponti
fatt’han per gelosia Giove di ghiaccio,
ché ’n grembo a Giuno a tuo piacer sormonti;
     e piú che de’ Tifei teme il tuo braccio,
poiché, se quei non v’arrivâr co’ monti,
tu su l’etra poggiar puoi con un laccio.

IX

LA DONNA AL MARITO

che vuole andare alla guerra contro i turchi

     Dal letto al campo? e d’Imeneo le faci
spegnerá nel tuo cor di Marte il foco?
per gir la luna a catenar de’ traci,
lasci un Sol di beltá de’ proci al gioco?
     Con le querce cangiar ti cal sí poco
questi de’ bracci miei serti tenaci?
e sdegnerai pe ’l timpano, ch’è roco,
la melodia dolcissima de’ baci?
     Dalle sanguigne vie del dio piú fèro,
per far piú senno, il tuo pensier distorna
al vago del mio sen latteo sentiero.
     Ma di penne, a fuggirmi, il capo adorna;
ché porterai nel tuo trïonfo altero
della luna ottomana ambe le corna!