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giovanni canale | 477 |
XVI
GLI ABUSI MODERNI
A Federico Meninni, fisico e poeta
Al terminar degli anni eccomi giunto;
e del mio albergo alla prigion rinchiuso,
vivo nel mondo e son dal mondo escluso,
ché ’l piè tremante al camminar fe’ punto.
Se non vaglio a formar debile un passo,
m’aggiro immoto, e fra i veduti oggetti,
ch’a riveder mi sono ora interdetti,
pellegrinando col pensier mi spasso.
Piani erbosi solcar mugghianti bighe,
che la lunghezza lor stanca la vista,
col pensier veggio, e separar l’arista
dai biondi grani in flaggellar le spighe.
Or godo meditar vago ricinto,
che di piante fruttifere ripieno
Pomona alletta a riposarvi in seno,
e ’l suo tesor dal varïare è vinto.
Collinette frondose e selve chete,
oscurissime valli, orridi monti,
laghi, fiumi, ruscelli e chiari fonti
rendono al mio pensier l’ore piú liete.
Borghi, ville, cittá chiuse ed aperte,
che dan ricovro ai passaggieri erranti,
torno a veder co’ miei pensier vaganti,
calco senza partir strade deserte.
Irato il dio del procelloso regno
vedo (lungi il timor) come giá vidi,
e poi placato passeggiando i lidi
di bella calma in sen depor lo sdegno.
Ritornan quindi alla memoria viva
della mia fresca etade i tempi e gli anni;
m’addolora il veder del tempo i danni,
che veloce si parte allor ch’arriva.