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giacomo lubrano 467

ché sempre a’ re malvagi
la maestá fu merito di stragi.
     Ma de l’Austria fedele
chi non adora i pregi?
Fan volare i suoi regi
per l’indo mar cattoliche le vele.
Quanti nascono augusti
portano da le cune
il titolo di giusti,
arbitri di fortune;
e dove stende il piede
lo scettro de’ Filippi, entra la fede.
     Del volgo la potenza
si fa legge d’un «voglio»,
e con rabbie d’orgoglio
suona le trombe a popolar licenza.
Spartachi e Vibuleni,
barbari disumani,
non resero sereni
gli emisferi romani.
Al Sol pon fare scorno,
ma non mai le comete han fatto un giorno.
     Svégliati a’ pianti miei,
Britannia sconsigliata,
or che di frodi armata
condanni a le mannaie i re da rei.
Giá fulmina perigli
di ben giusta vendetta
l’amor d’orfani figli,
ed offesa t’affretta
(né senza vero io parlo)
l’ultimo funeral l’ombra di Carlo.
     Emolo de’ monarchi
accampi un Cromuelle
esercito rubelle,
e di Londra infedel sospenda agli archi