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giuseppe artale 455

XII

IN MORTE DI TROIANO SPINELLI

de’ principi di tarsia

il quale lasciò all’autore in segno di affetto una spada preziosissima

     Voli al ciel, lasci acciar? Doppio martoro
lasci a chi t’ama, a tua fatal partita;
anzi tu fra’ beati, io senza vita,
vivi morendo, or che vivendo io moro.
     È mistero il tuo dono. Al ferro, a l’oro
tua gran virtute a specular m’invita;
perché sai che al goder va morte unita,
ben armato d’acciar lasci un tesoro.
     Ma non piú sangue io spargerò pugnando,
ché vinto a tua bontá l’umano orgoglio
cade al mio piè per adorarti il brando.
     Quinci sol per dar pace al mio cordoglio,
col tuo nobile acciar penne temprando,
la morte che t’uccise uccider voglio!

XIII

AL PADRE MICHELE FONTANAROSA

     È lingua o fiume? ed è facondia o mare
ciò ch’ammirano in te gl’ingegni altrui?
Mare non è, ché non ha l’onde amare;
fiume non è, ché non ha sponde in lui.
     Pur è mar, pur è fiume: è mar che rare
gemme produce infra’ concetti tui,
è fiume che su rose uniche e care
forma d’alta eloquenza i corsi sui.
     Dunque è mar, dunque è fiume; oltre l’usato
è dolce l’uno, e l’altro oltre il costume
ha da la rosa tua fonte odorato.
     Cosí, carco d’onor, ricco di lume,
scorgo il tuo vasto ingegno in mar cangiato
e la fontana tua conversa in fiume.