Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
454 | lirici marinisti |
X
IL BUON LADRONE
A Pietro Valeri
Qui sagace l’ingegno e ’l saldo amore
e di Cristo e del ladro oggi si mira;
questo del primo ardir perde il vigore,
quei del giusto rigor depone or l’ira.
Questi l’empio furor cangia in fervore
e quei fervor ne l’altrui petto inspira;
quei vuol, quei dona, e in quello e in questo core
l’industria, o Pietro, e la pietá s’ammira.
Cristo, ai martir giunto di morte in atto,
dá glorie a quello e con pietoso zelo
ne la sua povertá prodigo è fatto.
Rapace è l’altro, e dal corporeo velo
pria che l’anima uscisse, egli ad un tratto
ruba a costui con un sospiro il cielo.
XI
IL TERREMOTO DI RAGUSA
Circonferenza il ciel, punto inchiodato
la terra è in centro, e pur tremar la sento.
Come? forse soggetto a nobil fato
cede l’ordine eterno al vïolento?
No, no, scote un Tifeo monte inceppato,
a sveller torri ogni vapore è lento;
né move immoto il suol spirto esalato,
né milesia vertigine né vento.
Uom tu sei, che se reo pecchi e non gemi,
e in peccar Cristo uccidi, arcan profondo
vuol che, Cristo morendo, il mondo tremi.
Quinci or che al primo error giungi il secondo,
giá sono, anzi che sieno i giorni estremi,
i falli tuoi paralisie del mondo.