l’affrica regïone
chiude fonte cantor, che i sensi allaccia,
e, se l’umor d’un lago Epiro avventa,
spegne la face accesa, arde la spenta.
Qui cade un legno breve,
e diviene, caduto, un sasso grande;
ivi fronda, ch’è lieve,
in augello si cangia e l’ali spande;
e qui dolce talora,
ed è salsa talor linfa incostante;
bianca gregge colora
ivi di nero vel Peneo spumante,
e del Galeso mio l’onda sincera
veste di bianche lanegna ch’è nera.
A consolar la state
dispensa anima all’erba, anima al fiore,
e prolunga l’etate
al fiore, all’erba, il derivato umore.
Dov’acqua abbonda, è vivo
tronco al suol, ramo al tronco e frutto al ramo;
ma poi, se d’acqua è privo,
e frutto e ramo e tronco arso veggiamo,
e se l’acqua non porge all’uomo aita,
cade languido l’uomo e senza vita.
Ubbidïente all’arte
talor si rende e rende l’arte illustre;
l’ore al tempo comparte,
se la chiude in duo vetri ingegno industre.
In un filo ristretta
con assiduo vïaggio ella giú cade,
e con caduca fretta
mostra caduca ancor l’umana etade;
insegna a noi ch’ogni terrena massa
è debil filo e come l’acqua passa.
Il passaggio sicuro
al fuggitivo ebreo l’acqua concede;