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434 | lirici marinisti |
Se la sete ammorzata
ha bocca sitibonda, il fonte oblia;
se la piaga è saldata,
medica man si sdegna; e s’amò pria,
desiderio compito
rende bellezza vile, amor schernito.
XLIX
LE MERAVIGLIE DELL’ACQUA
Al padre Filippo da Cesena, cappuccino
Fonte, che d’un Pegaso
vanti scultrice industre unghia pennuta,
e del sacro Parnaso
tagli l’aonie vie con onda arguta,
versa da’ fianchi infranti
a bagnarmi le labra umido rio;
i tuoi garruli pianti
concessi a me, saranno il Febo mio;
l’acqua, che un tempo encomiò Talete,
con metri ascrei di celebrare ho sete.
La divina potenza
poiché trasse dal nulla e cielo e terra,
con la sua trasparenza
l’acqua nel dí secondo emerge ed erra;
e, benché sia distinta
da’ compagni elementi e pur sul dorso
di tenebre dipinta
e scioglie su la terra ignoto il corso,
lo spirto del Signor, che non ha moto,
gode di passeggiar su l’acqua a nuoto.