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432 | lirici marinisti |
XLVI
AI LIBRI
Muti maestri miei, voi m’insegnate
come io debba adorare i santi numi,
e con veri precetti a me mostrate
come io possa comporre i miei costumi.
I sentieri spinosi a me segnate,
voi, d’Elicona, a delibarne i fiumi,
e d’eleganze voi, sciolte o legate,
prezïosi rendete i miei volumi.
A quanto dite voi l’orecchie intente
con diletto disserro, e poi rivelo
io le vostre dottrine ad altra gente.
Quand’io vivo tra voi, godo il mio cielo;
e se turba alcun dubbio a me la mente,
non cerco sfingi in Tebe o Febi in Delo.
XLVII
INSAZIABILITÁ D’IMPARARE
Un Caucaso di nevi ho su le chiome
e precipito gli anni in occidente;
pur l’anima, che chiudo in scorza algente,
curva non cade a faticate some.
Alzano a me le piú faconde Rome
tra le pareti mie rostro eloquente,
e d’una Atene, a risvegliar la mente,
scritto in picciol museo contemplo il nome.
Quando cosí predestinò la sorte,
per farmi di dottrine inclito erede,
apritemi, licei, le sacre porte.
Chi sa pur troppo e di saper non crede,
tra ’l confin della vita e della morte
il libro ha in mano e su la tomba il piede.