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428 lirici marinisti

XXXVIII

IL RITORNO AL PAESE NATALE

     Miro quel giorno pur, che de’ miei giorni
sará fausto preludio alla quïete,
ed io, sepolta ogni fatica in Lete,
ozïosa godrò l’ombra degli orni.
     Voi, d’inculte boscaglie ermi soggiorni,
province popolate a me sarete;
voi, della patria mia rupi secrete,
lusingate a letizia i miei ritorni.
     Diedero, della luce a’ primi inviti,
l’euro quivi talor, talor qui l’ostro,
aria reciprocata a’ miei vagiti.
     Ecco, di tufi infranti il picciol chiostro
dov’io, per fabricar metri eruditi,
sparsi a note latine il primo inchiostro.

XXXIX

LA VILLA

     D’api dorate è qui grappolo folto,
ch’abita d’una quercia ermo pedale,
dove dal suon di rauco rame accolto
vigila al canto e sonnacchiose ha l’ale.
     Colá, di canne fluttuanti ascolto
su le sponde d’un rio bosco vocale,
il cui fischiar, che fu dall’aure sciolto,
diede alle melodie rozzo natale.
     In mezzo, ho la capanna, e mi contento
narrar qui fole al pastorel montano,
che da me pende ad ascoltarle intento.
     E schiuda pure il suo delubro Giano,
ch’io godo pace, e nulla angoscia io sento
ch’a me porpore nieghi il Vaticano.