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giuseppe battista 423

XXVIII

IL LUSSO DELLE FEMMINE

     Non ha satolle mai l’avide voglie
donna ch’al vaneggiar l’animo intende;
tanti profumi in su le chiome scioglie,
quanti ne’ templi suoi l’arabo accende.
     Tutto l’oro diffonde in su le spoglie,
che nelle arene illiriche risplende;
il vasto Eritra in una mano accoglie,
l’intera dote in un orecchio appende.
     Nome di «mondo» a tal superbia insana,
che sembra agli occhi altrui fasto giocondo,
diè la gente magnanima romana.
     E volle dir, nel suo pensier profondo,
che nelle pompe sue femmina vana
tutto racchiude epilogato il mondo.

XXIX

L’UOMO E LA PACE

     Per non cader squarciato all’altrui morso
ha le zampe falcate il fido alano,
e se talor guerreggia il toro insano
dalle corna lunate ottien soccorso.
     Unghia laceratrice aguzza l’orso
e dente avvelenato il mostro ircano,
l’aquila ha il rostro e l’istrice montano
selva d’acuti strali erge sul dorso.
     Ha lorica di squame il pesce avaro,
arma dedala pecchia ago mordace,
cela serpe crudel veleno amaro.
     Natura sol, nell’opre sue sagace,
fa l’uomo inerme. Ed argomento è chiaro
ch’altro non vuol, se non ch’ei viva in pace.